Nel contesto della compravendita immobiliare, è solo la delibera assembleare che approva in modo definitivo l'esecuzione di lavori straordinari a determinare chi, tra venditore e acquirente, è tenuto a sostenerne i costi.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8255 pubblicata il 28 marzo 2025, ha affrontato il tema dell’individuazione del soggetto obbligato a farsi carico delle spese straordinarie condominiali quando l’immobile è oggetto di compravendita.
Il contenzioso tra le parti è nato a seguito di un'ordinanza sindacale, che imponeva urgenti interventi di messa in sicurezza su un edificio condominiale. Solo dopo un lungo ritardo furono convocate due assemblee condominiali:
Il Tribunale di primo grado ritenne che la seconda delibera, successiva all’atto di vendita, fosse quella effettivamente vincolante e da cui far decorrere l’obbligo di contribuzione. Di parere opposto fu la Corte d’appello, secondo cui la prima delibera, adottata dopo l’ordine dell’autorità, costituiva l'atto decisivo, obbligando così il venditore a partecipare alle spese.
I venditori proposero ricorso in Cassazione, sostenendo che la prima delibera non avesse carattere vincolante.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso dei venditori, chiarendo due principi fondamentali:
Il momento rilevante ai fini dell’obbligo di pagamento non è quello in cui emerge la necessità dell’intervento, ma quello in cui l’assemblea condominiale approva con delibera l’esecuzione dei lavori straordinari. È solo questa delibera ad avere valore costitutivo dell’obbligazione (Cass. n. 14531/2022).
Nel caso in esame, la prima delibera – che si limitava a prendere atto dell’ordinanza sindacale e ad approvare un preventivo sommario – non definiva né l’appalto, né l’impresa esecutrice, né il prezzo finale. Era quindi priva dei requisiti necessari per far sorgere un obbligo di contribuzione.
La delibera deve avere un contenuto decisorio, definendo in modo concreto l’oggetto dell’intervento, le opere da eseguire e i costi, pur senza doverne dettagliare ogni aspetto (Cass. n. 16953/2022). Le delibere programmatiche o interlocutorie, che si limitano a orientare il dibattito o a predisporre gli atti preliminari, non sono sufficienti a generare obbligazioni in capo ai condomini.
Solo le delibere che incidono direttamente sulla sfera giuridico-patrimoniale dei condomini possono essere impugnate o dare luogo a obbligazioni. Le deliberazioni programmatiche, che si limitano a rinviare decisioni o a definire l’indirizzo generale della discussione, non hanno effetti vincolanti. Non si esclude che possano comunque essere oggetto di impugnazione qualora esista un interesse concreto a verificarne la legittimità (Cass. n. 10865/2016).
Infine, la Corte ha ricordato che l’interpretazione delle delibere assembleari deve seguire i criteri dettati dal codice civile (artt. 1362 e ss.), privilegiando anzitutto il significato letterale. Solo in caso di dubbio si possono utilizzare criteri sussidiari, come il comportamento delle parti o l’effetto utile dell’atto (Cass. n. 4501/2006).
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