Gestioni condominiali

Servitù su parti comuni e condominio

Il riconoscimento di un diritto di servitù su parti comuni a favore di una proprietà esclusiva esterna non conferisce automaticamente la qualità di condòmino, sollevando questioni sulla compartecipazione alle spese.

Le questioni affrontate dalla Corte di Cassazione

La sentenza n. 28268 del 4 novembre 2024 della Corte di Cassazione ha importanti implicazioni pratiche per i Condominii che condividono la comproprietà di un bene immobile con un soggetto esterno, regolando diritti e oneri di spesa.

La controversia tra proprietari e condominio

Un gruppo di proprietari ha citato in giudizio un Condominio per ottenere l’accertamento che le loro unità immobiliari (un appartamento e uno spazio adibito a cinema all’aperto) non facciano parte del Condominio e, di conseguenza, non siano tenute al pagamento delle spese condominiali.

La disputa nasce dal fatto che queste unità immobiliari godono di una servitù di passo attraverso l’androne condominiale. I proprietari sostengono che l’esistenza di questa servitù non comporti la loro partecipazione al Condominio, né l’obbligo di contribuire alle spese per la manutenzione delle parti comuni.

Il Condominio, costituitosi in giudizio, ha chiesto in via riconvenzionale l’accertamento della qualità di condòmini dei proprietari e il riconoscimento dell’obbligo di contribuire ai costi di manutenzione dell’androne e dell’ingresso comune.

Le decisioni dei giudici di merito

Il Tribunale ha accolto la domanda dei proprietari, ma la Corte d’Appello ha parzialmente riformato la decisione. In particolare:

  • Un atto notarile del 1949 esclude l’appartenenza al Condominio del cinema all’aperto, menzionando solo una servitù di passo per spettatori e fabbricati retrostanti.
  • Un atto del 1953 stabilisce invece che il proprietario dell’altro immobile deve contribuire per 2/3 alle spese dell’androne, obbligo basato sulla servitù di passaggio del 1949.

I proprietari hanno impugnato la sentenza in Cassazione, mentre il Condominio ha presentato controricorso anche su questioni formali legate al passaggio in giudicato della seconda unità.

La posizione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza con rinvio al Tribunale, precisando che:

  • Il riconoscimento di una servitù su parti comuni di un Condominio non conferisce automaticamente la qualità di condòmino.
  • Il godimento delle parti comuni, come l’androne e l’ingresso, è regolato dall’art. 1102 c.c., mentre il diritto di servitù rientra nella disciplina degli artt. 1063 e ss. c.c.
  • Le spese per le opere necessarie vanno sostenute secondo quanto stabilito dall’art. 1069, comma 3, c.c.

Il problema del litisconsorzio necessario

La Cassazione ha inoltre evidenziato un vizio processuale: la causa avrebbe dovuto coinvolgere tutti i condòmini, in quanto unici legittimati a contraddire e a proporre domanda riconvenzionale.

Il Giudice di merito, una volta integrato il litisconsorzio, dovrà verificare:

  1. Condominialità delle parti comuni: Se l’androne e il portone servono più edifici orizzontali appartenenti a proprietari diversi, si presume siano in comunione ex art. 1117 c.c., salvo titolo contrario.
  2. Titolo contrario: La negazione della condominialità deve risultare da una dichiarazione espressa nell’atto di frazionamento costitutivo.
  3. Servitù e condominio: La costituzione di una servitù su una parte comune non esclude la condominialità del bene servente. Se impone un peso ulteriore, si tratta di una servitù prediale ex art. 1027 c.c., da costituire con il consenso di tutti i condòmini.

In conclusione, se il diritto di servitù amplia il godimento di un bene comune, si rientra nella disciplina condominiale. Se impone un onere ulteriore, si tratta di una vera e propria servitù, da regolare secondo le norme sulle servitù prediali.

Richiedi Preventivo

Contattaci

Richiedi Intervento

Segnala