Con la sentenza n. 1494 del 19 novembre 2024, la Corte d'Appello di Bari ha chiarito che un divieto amministrativo imposto dal Comune non può incidere sui diritti privatistici stabiliti tra le parti, come il diritto di servitù di passaggio. Il caso trattato riguarda un complesso abitativo e la necessità di garantire la viabilità interna, sottolineando la prevalenza delle regolamentazioni negoziali rispetto ai vincoli urbanistici.
Il caso concreto: la disputa sulla viabilità interna
Un proprietario di una villetta situata in un villaggio ha citato in giudizio le proprietarie di due particelle di terreno confinanti. Questi lotti, secondo il regolamento condominiale, dovevano garantire la viabilità interna del complesso abitativo. Tuttavia, le convenute avevano recintato le particelle, installando un cancello e costruendo una muratura che impediva il passaggio. L'attore ha richiesto la rimozione di queste barriere e il risarcimento dei danni, sostenendo che una delle particelle fosse gravata da una servitù di passaggio con ogni mezzo.
Le convenute si sono opposte, sostenendo che la destinazione delle loro particelle a viabilità interna non fosse mai stata approvata per conflitto con le norme tecniche di attuazione (N.T.A.) del piano urbanistico. Inoltre, hanno eccepito la nullità della servitù, l’estinzione per prescrizione e l’impossibilità di esercizio delle facoltà connesse al diritto a causa del divieto del Comune di collegare la strada interna alla pubblica via.
La decisione del Tribunale di Trani
Il Tribunale di Trani, basandosi sulla relazione del consulente tecnico d'ufficio (CTU), ha accolto la domanda dell'attore, ordinando la rimozione delle opere che impedivano l'accesso. Il giudice ha specificato che il divieto amministrativo riguardava esclusivamente il collegamento tra la strada interna e la pubblica via, non la viabilità interna "tout court", regolata dal contratto condominiale e valida tra le parti.
L'appello e la posizione della Corte
Le convenute hanno impugnato la sentenza chiedendone la sospensione e la riforma, ribadendo la legittimità delle loro opere e contestando l’efficacia della servitù. L'appellato ha resistito, sottolineando la validità della regolamentazione condominiale, l’irrilevanza del divieto amministrativo e l’utilizzo continuativo della servitù fino alla chiusura arbitraria del passaggio.
La Corte d'Appello ha confermato che il permesso di costruire rilasciato dal Comune non incide sui diritti privatistici dei terzi. In particolare, il divieto di collegamento alla pubblica via non invalida la servitù di passaggio all'interno del complesso abitativo, che resta disciplinata dalle regole contrattuali accettate dalle parti.
Riflessioni giuridiche: l’autonomia della regolamentazione privatistica
Il caso evidenzia un principio consolidato in giurisprudenza: i provvedimenti amministrativi hanno natura pubblicistica e non possono interferire con i diritti soggettivi stabiliti tra privati. Secondo l’art. 11, comma 3, del Testo Unico Edilizia, il rilascio del permesso di costruire fa salvi i diritti dei terzi, impedendo che un divieto imposto dal Comune annulli un diritto di servitù fondato su un titolo negoziale.
La sentenza conferma l’autonomia e la prevalenza delle regolamentazioni privatistiche nei rapporti tra confinanti, ribadendo che eventuali divieti pubblici non possono alterare la natura o l’efficacia dei diritti reali di godimento.
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