Il condominio, in quanto soggetto dotato di personalità giuridica, non può fallire. Può però accadere che a fallire sia uno dei condòmini dato che in un condominio alcune unità immobiliari possano essere di proprietà di un soggetto "fallibile”, ad esempio una società per azioni.
In caso di fallimento, il tribunale nomina il curatore fallimentare con la funzione di mettere a posto i conti del soggetto insolvente.
Dunque, in situazioni del genere, la gestione condominiale deve gestire il fallimento di uno dei condòmini e, di conseguenza, confrontarsi con il curatore fallimentare nominato dal tribunale.
L'amministratore di condominio, nei trenta giorni anteriori alla prima udienza fissata per l'esame dello stato passivo dinanzi al giudice fallimentare, dovrà sottoscrivere e presentare domanda di ammissione al passivo (art. 93, R.D. 16 marzo 1942, n. 267, ora art. 206 del nuovo codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, D. lgs. n. 14/2019). Tale ricorso, attraverso il quale i creditori di un imprenditore fallito chiedono l'ammissione del loro credito al passivo del fallimento, così da poter ottenere il soddisfacimento del proprio credito, può essere appunto presentato anche personalmente dall'amministratore.
Per legge, la domanda di ammissione al passivo, corredata di tutti gli allegati, è trasmessa all'indirizzo di posta elettronica certificata (pec) del curatore, così come indicato nell'avviso ai creditori che il curatore è tenuto a inviare agli stessi. L'originale del titolo di credito allegato al ricorso viene depositato presso la cancelleria del tribunale.
La domanda per l'ammissione al passivo dovrà contenere i seguenti elementi:
Devono essere allegati i documenti dimostrativi del diritto del creditore ovvero del diritto del terzo che chiede la restituzione o rivendica il bene. Il curatore fallimentare esamina la domanda proposta dall'amministratore e predispone elenchi separati dei creditori e dei titolari di diritti su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del debitore, esponendo per ciascuno le sue motivate conclusioni. Lo stesso deposita il progetto di stato passivo corredato dalle relative domande nella cancelleria del tribunale almeno quindici giorni prima dell'udienza fissata per l'esame dello stato passivo e sempre nello stesso termine lo trasmette ai creditori e ai titolari di diritti sui beni all'indirizzo indicato nella domanda di ammissione al passivo.
I creditori, i titolari di diritti sui beni e il debitore possono esaminare il progetto e presentare al curatore, sempre mediante posta elettronica certificata, osservazioni e documenti integrativi fino a cinque giorni prima dell'udienza.
All'udienza fissata, il giudice delegato decide su ciascuna domanda, con decreto "succintamente motivato", nei limiti delle conclusioni formulate e avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d'ufficio e a quelle formulate dagli altri creditori, in una posizione di giudice terzo e imparziale risolutore di conflitti nel contraddittorio tra le parti, privo di poteri ufficiosi di indagine.
La decisione del giudice può essere di inammissibilità (quando sia omesso o assolutamente incerto uno dei requisiti richiesti dai nn. 1, 2 e 3 del terzo comma dell'art. 93), di accoglimento, di rigetto, totale o parziale, o di ammissione con riserva.
Può però accadere che il condominio non venga al corrente del fallimento di uno dei condòmini nei termini previsti per la domanda di insinuazione. In tal caso potrà essere proposta domanda tardiva ma ci si dovrà necessariamente avvalere delle prestazioni di un avvocato, non essendo possibile per la parte provvedervi personalmente. Tali spese non potranno (non essendo ancora note) essere richieste con la domanda di insinuazione al passivo. La loro ammissione e il relativo pagamento verrà disposto dal giudice direttamente su istanza del curatore, al quale l’amministratore di condominio (o l’avvocato in caso di ricorso) comunicherà i vari riparti approvati dall’assemblea.
La sentenza dichiarativa di fallimento implica che il curatore subentri al condomino fallito nell'esercizio dei diritti e doveri inerenti alla proprietà dell'immobile condominiale. Pertanto, al pari degli altri condòmini e aventi diritto, sarà il curatore a dover essere convocato in assemblea, e con diritto di voto nelle delibere.
Il curatore potrà impugnare le delibere assembleari e sarà tenuto al pagamento della sua quota di spese di gestione successiva alla dichiarazione di fallimento.
Il curatore fallimentare, inserendosi così nella vita condominiale, potrà prendere parte anche alle decisioni riguardanti il Superbonus 110%.
Esso però non può decidere autonomamente: secondo la legge (art. 133, D. lgs. n. 14/2019) il curatore ha l'amministrazione del patrimonio compreso nella liquidazione giudiziale e compie tutte le operazioni della procedura rientranti nell'ambito delle sue funzioni sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori. La decisione del curatore è dunque subordinato al parere favorevole del comitato dei creditori e del giudice delegato della procedura.
Se il curatore ottiene l'assenso del comitato dei creditore e del giudice, potrà aderire alla proposta assembleare di lavori che possano ottenere il Superbonus al 110%, nell'interesse della gestione del patrimonio del condomino fallito.
Ricordiamo che per legge, sia per i lavori che per la cessione del credito, le deliberazioni sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti all'assemblea e almeno un terzo del valore dell'edificio. Se i lavori verranno approvati, il curatore sarà tenuto a partecipare alle spese, visto che la delibera è vincolante per tutti. Se il fallimento non è in grado di pagare, nei confronti del terzo appaltatore sono tenuti gli altri condomini, i quali, tramite l'amministratore, potranno poi rivalersi nel fallimento, chiedendo in prededuzione (art. 30, l. n. 220/2012) il pagamento della quota a carico dello stesso.
Fonte: condominioweb.com
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