In caso di infiltrazioni provenienti dalle parti comuni, se il proprietario dell’unità immobiliare danneggiata ha lasciato l’appartamento disabitato per molti anni, la sua condotta può essere considerata una causa concomitante dell’evento e dell’aggravamento del danno. Questo è quanto emerge dalla sentenza n. 515 del Tribunale di Massa, pubblicata il 7 settembre 2024.
Responsabilità condivisa tra condominio e proprietario
Un condomino ha chiesto il risarcimento dei danni causati da infiltrazioni provenienti dal tetto e dalla facciata, per i quali riteneva responsabile il condominio, preposto alla manutenzione delle parti comuni. Il condominio, tuttavia, ha contestato la domanda, sostenendo che l’appartamento era disabitato da lungo tempo e non era stato sottoposto a manutenzione, contribuendo all’aggravamento dei danni.
Il Tribunale ha stabilito che, sebbene la responsabilità principale fosse del condominio, la condotta del proprietario ha avuto un'incidenza causale, seppur minoritaria, sull'evento. La mancata manutenzione dell’appartamento e il ritardo nella segnalazione dei danni hanno contribuito all’aggravamento del danno, portando il Tribunale a imputare al condominio solo il 60% della responsabilità.
Principi di responsabilità per custodia e onere della prova
Il Tribunale ha ricordato che la responsabilità per danni da cose in custodia, ai sensi dell’art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo e prescinde dalla colpa del custode. Il danneggiato deve dimostrare il nesso causale tra la cosa custodita (in questo caso le parti comuni del condominio) e il danno. Spetta poi al custode provare l’esistenza di un caso fortuito, inclusa la condotta del danneggiato, che può escludere o ridurre la sua responsabilità.
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