Il tema della detenzione di animali domestici in condominio è stato oggetto di dibattito giurisprudenziale e legislativo, con posizioni contrastanti riguardo alla validità delle clausole regolamentari che vietano tale pratica.
La normativa vigente e la riforma del 2012
L'introduzione della legge n. 220 del 2012 ha apportato significative modifiche alla disciplina condominiale, tra cui l'ultimo comma dell'art. 1138 c.c., che stabilisce che i regolamenti condominiali non possono vietare la detenzione di animali domestici. Questa disposizione ha confermato un principio già in parte presente nella giurisprudenza pre-riforma, ossia che i regolamenti condominiali ordinari, approvati a maggioranza, non possono imporre limitazioni alle facoltà comprese nel diritto di proprietà individuale dei condomini, come la detenzione di animali nelle proprie unità abitative.
Clausole contrattuali e regolamenti condominiali
Tuttavia, secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, le clausole regolamentari che impongono limitazioni ai diritti dei condomini, come il divieto di tenere animali domestici, possono essere considerate legittime se contenute in un regolamento contrattuale, accettato da tutti i condomini al momento dell'acquisto dell'immobile. Tali clausole incidono sui diritti di proprietà esclusiva e creano una sorta di servitù reciproca tra i condomini, che richiede l'unanimità per essere modificata. La Corte di Cassazione ha ribadito che tali limitazioni vanno oltre le normali attribuzioni dell'assemblea condominiale, il cui compito è disciplinare l'uso delle parti comuni (Cass. civ., Sez. II, n. 3705/2011).
La giurisprudenza successiva e il diritto al rapporto con l'animale domestico
Tuttavia, una parte della giurisprudenza più recente ha ritenuto che il diritto di convivere con un animale domestico abbia acquisito una rilevanza costituzionale, legata ai diritti fondamentali dell'individuo, come sancito dall'art. 2 della Costituzione. In tal senso, la Corte di Appello di Bologna, con la sentenza n. 766/2024, ha ribaltato una decisione di primo grado che aveva imposto il rispetto di una clausola contrattuale vietante la detenzione di cani. La Corte ha riconosciuto un "nuovo" diritto di natura affettiva tra l'uomo e l'animale domestico, considerandolo meritevole di tutela giuridica, anche in contrasto con regolamenti contrattuali.
I giudici bolognesi hanno sostenuto che il divieto di detenere animali domestici nei regolamenti contrattuali, anche se accettato dai condomini, non può prevalere su un diritto ritenuto di rilevanza costituzionale, protetto dall'art. 1138 c.c. u.c., che riconosce espressamente il diritto alla convivenza con gli animali domestici come espressione di un rapporto affettivo che merita protezione.
La questione della legittimità della clausola
Infine, si evidenzia che, secondo un'altra parte della giurisprudenza, il problema non risiede nell'efficacia della clausola regolamentare che vieta la detenzione di animali domestici, ma nella sua legittimità. In base a questa impostazione, tale clausola sarebbe invalida, in quanto andrebbe a incidere su diritti considerati indisponibili e, pertanto, non potrebbe essere valida neanche se accettata unanimemente (Trib. Cagliari n. 7170/2016).
Conclusione
La disciplina riguardante il divieto di detenere animali domestici in condominio è dunque complessa e caratterizzata da visioni contrapposte. Da un lato, vi è il riconoscimento della validità di clausole contrattuali, dall'altro emerge una crescente attenzione verso il riconoscimento di diritti affettivi tra uomo e animale domestico, che la giurisprudenza più recente sta tutelando anche a fronte di regolamenti condominiali rigidi.
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