La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22012 del 12 luglio 2022 affronta il delicato tema riguardante l'uso del cortile condominiale.
Nel caso affrontato dalla Corte alcuni proprietari agivano in giudizio alcuni proprietari per ottenere la condanna dei condòmini che usavano la corte per la sosta dei propri veicoli, contrariamente al rogito che invece concedeva loro solamente il diritto di passo, senza possibilità di parcheggio, nemmeno temporaneo.
I convenuti ritenevano invece che la corte fosse condominiale e che, pertanto, essa potesse essere utilizzata anche per la sosta dei veicoli, ovviamente nel rispetto dei diritti degli altri condòmini.
La Corte di Cassazione stronca gli attori in quanto se non viene fornita una rigorosa prova del fatto che la corte sia di proprietà esclusiva, essa deve intendersi comune.
Il cortile, infatti, è quasi sempre condominiale, in quanto l'elenco delle parti comuni di cui all'art. 1117 cod. civ. non costituisce una mera presunzione vincibile con ogni mezzo, bensì una vera e propria scelta del legislatore che può essere "sconfitta" solamente se si dimostra che il titolo di proprietà asserisce il contrario oppure che, attese le caratteristiche strutturali del bene, esso non possa che essere esclusivo.
In relazione ai cortili, in particolare, viene affermato affermato che l'apertura di finestre ovvero la trasformazione di luci in vedute su un cortile comune rientra nei poteri spettanti ai singoli condomini ai sensi dell'art. 1102 c.c., considerato che i cortili comuni, assolvendo alla precipua finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti, sono utilmente fruibili a tale scopo dai condomini stessi, cui spetta la facoltà di praticare aperture che consentano di ricevere, appunto, aria e luce dal cortile comune o di affacciarsi sullo stesso, senza incontrare le limitazioni prescritte, in materia di luci e vedute, a tutela dei proprietari degli immobili di proprietà esclusiva.
In proposito, l'indagine del giudice di merito deve essere indirizzata a verificare esclusivamente se l'uso della cosa comune sia avvenuto nel rispetto dei limiti stabiliti dal citato art. 1102, e, quindi, se non ne sia stata alterata la destinazione e sia stato consentito agli altri condòmini di farne parimenti uso secondo i loro diritti: una volta accertato che l'uso del bene comune sia risultato conforme a tali parametri deve, perciò, escludersi che si sia potuta configurare un'innovazione vietata (Cass., sent. del 09 giugno 2010).
Il cortile del fabbricato, dunque, assolve alla primaria funzione di fornire aria e luce alle varie unità immobiliari che presentano aperture su di esso, e per questo motivo esso rientra nell'ambito delle parti comuni dell'edificio.
In conclusione, non si può impedire il parcheggio nella corte, a meno che non si dimostri che essa non sia comune in base al titolo di proprietà.
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