Le infiltrazioni d'acqua provenienti dal piano superiore sono una delle principali cause di contenzioso in tribunale. Quando l'immobile si trova in un edificio condominiale per trovare il responsabile occorre fare distinzione a seconda della provenienza dell'infiltrazione.
Se proviene da una parte comune la responsabilità è del condominio. Invece, se proviene da una proprietà privata, allora la responsabilità è a carico del singolo condomino titolare dell'unità immobiliare.
Il Tribunale di Pisa, con la sentenza n. 1650 del 21 dicembre 2021, ha recentemente affrontato il problema del danno da infiltrazioni causato dall'appaltatore. E nel caso di specie, la perdita d'acqua era stata appunto provocata dalla ditta appaltatrice a cui erano stati affidati i lavori.
Il caso
Il conduttore di un appartamento in condominio, di rientro dal proprio soggiorno all'estero, trovava l'abitazione interamente ricoperta di muffa, compresi i mobili che fungevano da corredo.
La causa delle infiltrazioni d'acqua veniva attribuita alla rottura di un tubo dell'acqua dell'appartamento sito al piano superiore, guasto causato dalla ditta appaltatrice dei lavori eseguiti qualche mese prima.
L'attore citava dunque in giudizio sia il proprietario dell'abitazione da cui proveniva la perdita che la ditta appaltatrice che ne era stata causa, chiedendo il risarcimento dei danni.
Il proprietario convenuto eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva, essendo stata causa di infiltrazioni la condotta imprudente dell'appaltatore il quale, occupandosi dei lavori di ristrutturazione, aveva rotto un tubo dell'acqua provocato i danni al piano inferiore.
Il Tribunale di Pisa accoglie tale eccezione.
“In caso di danni subiti da terzi nel corso dell'esecuzione di un appalto, bisogna distinguere tra i danni derivanti dall'attività dell'appaltatore e i danni derivanti dalla cosa oggetto dell'appalto; per i primi si applica l'art. 2043 cc e ne risponde di regola esclusivamente l'appaltatore (in quanto la sua autonomia impedisce di applicare l'articolo 2049 cc al committente), salvo il caso in cui il danneggiato provi una concreta ingerenza del committente nell'attività stessa e/o la violazione di specifici obblighi di vigilanza e controllo; per i secondi (e cioè per i danni direttamente derivanti dalla cosa oggetto dell'appalto, anche se determinati dalle modifiche e dagli interventi su di essa posti in essere dall'appaltatore) risponde (anche) il committente ai sensi dell'art. 2051 cc, in quanto l'appalto e l'autonomia dell'appaltatore non escludono la permanenza della qualità di custode della cosa da parte del committente; in tale ultimo caso, il committente, per essere esonerato dalla sua responsabilità nei confronti del terzo danneggiato, non può limitarsi a provare la stipulazione dell'appalto, ma deve fornire la prova liberatoria richiesta dall'art. 2051 cc, e quindi dimostrare che il danno si è verificato esclusivamente a causa del fatto dell'appaltatore, quale fatto del terzo che egli non poteva prevedere e/o impedire (e fatto salvo il suo diritto di agire eventualmente in manleva contro l'appaltatore)” (Corte di Cassazione, sentenza n. 23442/2018).
Nel caso di specie, secondo il tribunale, è stato accertato che nel corso dei lavori sui bagni dell'appartamento di proprietà del convenuto, la ditta appaltatrice ha causato la rottura di un tubo di adduzione d'acqua dando origine all'allagamento e alle infiltrazioni nell'appartamento sottostante.
Le lavorazioni sugli impianti idrici rientrano nell'attività dell'appaltatore e dei danni causati da tale attività ne risponde esclusivamente lo stesso, in quanto non è stata provato da parte attrice l'ingerenza o la violazione di specifici obblighi di controllo da parte del committente.
È dunque giusto dichiarare la carenza di legittimazione passiva del proprietario/committente, il quale è completamente esente da colpe per il danno cagionato dalla ditta appaltatrice, unica responsabile.
Fonte: condominioweb.com
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