Gestioni condominiali

Condominio, illegittimo aprire un varco tra il proprio appartamento e una rampa di scale

È illegittima l’apertura di un varco praticata da un condomino nel muro dell’edificio condominiale al fine di mettere in comunicazione l’appartamento di sua proprietà esclusiva con l’andito di una scala destinata a servire un’altra parte del fabbricato, comportando tale utilizzazione l’imposizione sul bene oggetto di condominio parziale di un peso che dà luogo ad una servitù in favore di una unità immobiliare esterna alla limitata contitolarità di esso, con conseguente alterazione della destinazione della cosa comune.

È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione 6 Civile, con l’ordinanza del 22 novembre 2021, n. 35955, mediante la quale ha rigettato il ricorso e confermato la decisione della Corte d’Appello di Palermo.

La pronuncia in esame ha avuto origine dal fatto che il Tribunale di Palermo, con sentenza del 2014, respinse la domanda di un condominio a ottenere la condanna di un condomino a chiudere l’accesso sul pianerottolo della scala A dell’edificio condominio, con il quale l’appartamento del convenuto condivide un muro perimetrale.

In particolare, il condominio aveva dedotto che il fabbricato è composto da due scale, la A e la B, che servono distintamente due diversi gruppi di appartamenti, rientrando l’appartamento del convenuto tra quelli serviti dalla scala B.

Il giudice di primo grado aveva rigettato la domanda dell’attore, al contrario della Corte d’Appello, che invece aveva del tutto riformato la sentenza impugnata, affermando che la scala A non svolge alcuna funzione di utilità per le unità immobiliari servite dalla scala B, neppure consentendo l’accesso al lastrico solare, né essendo su di essa collocati il vano contatori e il vano archivio, posti in uno spazio sottostante raggiungibile senza necessità di utilizzare la scala A.

Il soccombente ricorreva in Cassazione notando che il principio espresso dai giudici di secondo grado poteva valere solo nel caseggiato con due ingressi autonomi; inoltre evidenziava che i condomini della scala B avrebbero potuto comunque trarre utilità dalla scala A "anche soltanto, ad esempio, al semplice banale scopo di salire e scendere da quella scala per fare un po' di movimento".
Il Tribunale ha però dato ragione al condominio.

I giudici hanno infatti sottolineato che il nesso di condominialità, presupposto dalla regola di attribuzione di cui all’art. 1117 c.c., è ravvisabile in svariate tipologie costruttive, sia estese in senso verticale, sia costituite da corpi di fabbrica adiacenti orizzontalmente, purché le diverse parti siano dotate di strutture portanti e di impianti essenziali comuni, come appunto quelle res che sono esemplificativamente elencate nell’art. 1117 c.c., con la riserva se il contrario non risulta dal titolo. E’ dunque agevole ipotizzare come possano esservi, nell’ambito dell’edificio condominiale, delle parti comuni, quali, ad esempio, il tetto, o l’area di sedime, o i muri maestri, o le scale (e ciò indipendentemente dall’eventuale unicità del portone d’ingresso, come nella specie, in quanto distinta parte comune rispetto alle scale), o l’ascensore, o il cortile, che risultino destinati al servizio o al godimento di una parte soltanto del fabbricato.

Secondo la giurisprudenza, è in queste ipotesi automaticamente configurabile la fattispecie del condominio parziale “ex lege”: tutte le volte, cioè, in cui un bene, come detto, risulti, per le sue obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato al servizio e/o al godimento, in modo esclusivo, di una parte soltanto dell’edificio in condominio, esso rimane oggetto di un autonomo diritto di proprietà, venendo in tal caso meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini su quel bene.

Mancano, dunque, i presupposti per l’attribuzione, ex art. 1117 c.c., della proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali, appaiano necessari per l’esistenza o per l’uso, ovvero siano destinati all’uso o al servizio non di tutto l’edificio, ma di una sola parte (o di alcune parti) di esso.

In tema condominiale negli edifici, l‘individuazione delle parti comuni, risultante dall’art. 1117 c.c., e che può essere superata soltanto dalle opposte risultanze di un determinato titolo, non opera affatto con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari.

Scopo dell’art. 1123, co. 3, c.c. è quello di non “moltiplicare” i condomini, ma distinguere in rapporto all’utilità tratta dalle parti comuni i gruppi di condomini obbligati a contribuire alle spese e le correlate situazioni di contitolarità.

Dunque, conclude, la Corte, è illegittima l’apertura di un varco praticata da un condomino nel muro dell’edificio condominiale al fine di mettere in comunicazione l’appartamento di sua proprietà esclusiva con l’andito di una scala destinata a servire un’altra parte del fabbricato, comportando tale utilizzazione l’imposizione sul bene oggetto di condominio parziale di un peso che dà luogo ad una servitù in favore di una unità immobiliare esterna alla limitata contitolarità di esso, con conseguente alterazione della destinazione della cosa comune.

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