Dopo un'assemblea condominiale e le relative deliberazioni, i dissenzienti, gli assenti o coloro che si sono astenuti dal votare possono decidere di impugnare una o più decisioni prese dal consesso, ritenendole viziate e quindi annullabili. Questa è una facoltà, non un obbligo, poiché trascorsi trenta giorni dalla riunione o dalla comunicazione del verbale della stessa, non è più possibile proporre ricorso a causa della decadenza di tale diritto, come stabilito dall'art. 1137 del Codice Civile: “contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti”.
La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 16654/2024 ha trattato questo argomento, discutendo dell'interesse alla rimozione dell'atto impugnato, dell'interesse all'impugnazione e dell'interesse ad agire del condomino che contrasta una delibera condominiale, invocandone l'annullamento.
Chi decide di impugnare una delibera condominiale ha interesse alla rimozione dell'atto. Tuttavia, questo elemento da solo non è sufficiente a giustificare l'azione legale. La Cassazione ha spiegato che l'interesse alla semplice rimozione dell'atto impugnato deve essere supportato da una qualche utilità che il ricorrente riceverebbe dall'esito positivo dell'impugnazione. Se la delibera non incide patrimonialmente sul ricorrente, essa non è impugnabile e l'eventuale azione proposta sarebbe dichiarata inammissibile.
È il caso, ad esempio, delle delibere programmatiche e/o interlocutorie, dove il consesso si limita a manifestare l'intenzione di eseguire lavori o affidarsi alla consulenza di un professionista, senza conferire alcun incarico, approvare preventivi, votare ripartizioni di spese o vincolare l'ente e i proprietari.
Pertanto, secondo la Cassazione, per giustificare l'azione di annullamento di una delibera viziata, ai sensi dell'art. 1137 c.c., è necessario che il condomino ricorrente dimostri un interesse ulteriore rispetto alla semplice rimozione dell'atto: “non può sostenersi che la legittimazione ad agire per l'annullamento, attribuita dall'art. 1137 c.c. ai condomini assenti, dissenzienti o astenuti, non sia subordinata alla deduzione e alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla semplice rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire richiesto dall'art. 100 c.p.c. come condizione dell'azione di impugnazione della deliberazione collegiale (Cass. ord. n. 5129/2024)”.
Secondo la Cassazione, il condomino dissenziente, assente o astenuto che impugna una delibera vuole una diversa regolamentazione dell'argomento votato dalla maggioranza assembleare. Propone l'azione di annullamento anche se il magistrato non può sostituirsi alla decisione del condominio, ma solo accogliere la domanda e annullare l'atto.
L'interesse all'impugnazione è distinto dall'interesse ad agire, che è una condizione essenziale dell'azione. Coincide con l'utilità concreta dell'accoglimento della domanda di annullamento e con la lesione patrimoniale che si intende evitare: “parallelamente, l'interesse ad agire, sotto il profilo processuale, suppone che venga prospettata una lesione individuale di rilievo patrimoniale correlata alla delibera impugnata, così rivelando quale utilità concreta potrebbe ricevere dall'accoglimento della domanda”.
Secondo la Cassazione, la perdita della qualità di condomino durante il procedimento d'impugnazione, ad esempio per la vendita dell'immobile, determina di regola il venir meno dell'interesse ad agire. In questo caso, l'atto non incide più patrimonialmente sul ricorrente, che quindi non ricaverebbe più alcuna utilità dalla sua rimozione.
Pertanto, affinché un condomino sia legittimato ad impugnare una delibera, è necessario che conservi tale qualità sino alla conclusione dell'azione: “’l’azione di annullamento delle deliberazioni dell'assemblea di condominio, disciplinata dall'art. 1137 c.c., presuppone, quale requisito di legittimazione, la sussistenza della qualità di condomino dell'attore non solo al momento della proposizione della domanda, ma anche al momento della decisione della controversia, determinando, di regola, la perdita di tale status il conseguente venir meno dell'interesse ad agire dell'istante. La perdita della qualità di condomino può lasciar sopravvivere l'interesse ad agire solo quando l'attore vanti un diritto in relazione alla sua passata partecipazione al condominio e tale diritto dipenda dall'accertamento della legittimità della delibera presa allorché egli era ancora condomino, o quando tale delibera incida tuttora in via derivata sul suo patrimonio”.
ABR Amministrazioni è una realtà sempre rivolta alla massima competenza amministrativa e tecnica, e all'assoluta trasparenza nell’amministrazione condominiale.
I nostri punti di forza sono la competenza, l'economicità di gestione e l'efficienza nella soluzione di qualsiasi problematica che dovesse interessare il condominio e/o singoli condomini.
Vendite e affitti di abitazioni
Rifacimento della facciata condominiale
Rallenta il mercato immobiliare di Milano
Amministratore di condominio a Milano
Quando si accende il riscaldamento a Milano nel 2024
Il ruolo dell'amministratore di condominio a Milano
Perché cambiare amministratore di condominio a Milano
Videosorveglianza in condominio
Cambiare amministratore di condominio
Agevolazioni fiscali in edilizia
Il decreto Salva Superbonus diventa legge
Verbale assembleare incompleto
Ruolo e doveri dell'amministratore di condominio
Accensione degli impianti di riscaldamento a Milano
La gestione condominiale a Milano